lunedì 6 agosto 2012

Violenza sessuale e responsabilità del datore di lavoro

Il fattoCon sentenza del Tribunale di Milano un lavoratore è stato condannato per i reati di violenza sessuale e lesioni personali aggravate in danno di una collega e la società è stata condannata al risarcimento dei danni alla parte civile; successivamente, la Corte d'Appello di Milano, riformando parzialmente la pronuncia, ha disposto la revoca della condanna risarcitoria del datore di lavoro, confermando nel resto la sentenza di primo grado. La parte civile ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza d'appello. 





Il diritto La questione posta all'attenzione della Suprema Corte è relativa alla responsabilità del datore di lavoro in termini civilistici per i danni causati dalla condotta penalmente illecita del dipendente, produttiva di un danno a terzi. I giudici hanno affermato il principio in base al quale, quando il comportamento del lavoratore può essere riferibile, sia pure marginalmente o indirettamente, alle mansioni in concreto esercitate e affidategli dal datore di lavoro, questi deve essere chiamato a rispondere per i fatti illeciti commessi dal dipendente in danno di terzi; se, invece, la condotta è frutto di una iniziativa estemporanea e personale, del tutto incoerente rispetto alle mansioni svolte, manca quel nesso di occasionalità necessaria che solo può giustificare una attribuzione di responsabilità in capo al datore di lavoro.

Esito del giudizioLa Corte ha respinto il ricorso della parte civile, confermando la sentenza d'appello.

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